dalla parte delle donne

È per me un vanto essere dalla parte delle donne. Ne è prova la mia professione che svolgo con amore, ma anche il mio trascorso parlamentare che è stato “impregnato” al femminile (C.1/00100).

Ricordo che tempo fa fui invitato ad un convegno che aveva come titolo “Le 14 migliori leggi europee a favore delle donne”. Dapprima rimasi stupito per l’invito in un contesto del tutto femminile, poi, riflettendo bene e vedendo nella sala tantissimi giovani pensai che le due signore dell’organizzazione avevano fatto benissimo ad invitare un uomo e tanti giovani, poiché credo che la discriminazione di genere sia un problema culturale e pertanto vada individuato, e quindi risolto, a monte, cambiando il modo di approcciare la “questione femminile” attraverso una sensibilizzazione che deve partire proprio da chi donna non è, e soprattutto in quella fascia di età che “forma” la sensibilità individuale e le coscienze di ciascun cittadino, che è quella della dei giovani.

Oggi, la parità di genere esiste in un solo settore, quello della precarietà, in cui ragazzi e ragazze, uomini e donne sono accumunati dalle medesime incertezze per il futuro.

Per il resto la condizione femminile nel nostro Paese si commenta da sola esaminando pochi dati o facendo alcuni esempi: in Italia nonostante venga celebrata la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne restano numerosi interrogativi su quanto realmente si faccia per impedirla. Per questo, alcuni anni fa, quando sedevo alla Camera dei Deputati, presentai un’interrogazione parlamentare per fare chiarezza su uno scandaloso caso di Bologna in cui una donna di colore, che aveva denunciato una violenza, fu reclusa in un CIE (Centro di Identificazione ed Espulsione) poiché irregolare. Un comportamento che mi lasciò esterrefatto poiché lo Stato anziché dare protezione a quella donna indifesa la punì e la rinchiuse per espellerla poi dal territorio nazionale.

E allora mi chiedo a cosa serva celebrare la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, se poi il colore della pelle o un timbro su un documento possono contare molto di più della inviolabilità della persona o più della dignità umana.

Donna di colore

Sempre in tema di violenza è il caso di ricordare che, secondo le statistiche, in Europa – e sottolineo in EUROPA – la violenza è la prima causa di morte tra le giovani donne; che ogni 3 omicidi commessi in Italia uno riguarda una donna uccisa dal proprio partner e che solo il 10% delle violenze subite dalle donne verrebbe denunciato.
Pertanto, oltre alla violenza fisica, bisogna considerare quella psicologica, che porta alla omessa denuncia, ma anche ad una nuova forma di violenza più subdola, quella sulla dignità della donna, quella che utilizza il suo corpo, attraverso le immagini, a scopo commerciale.

L’Italia ha sottoscritto due risoluzioni comunitarie nel 1997 e nel 2008 che vietano qualsiasi forma di pubblicità lesiva verso il genere femminile e che impegna gli Stati aderenti a legiferare in tal senso. Eppure ancora oggi le nostre città pullulano di quelle pubblicità offensive, talvolta scabrose, esposte nei pressi delle fermate degli autobus o su cartelloni stradali 6×3. Ma non solo. Per eliminare questa sconcezza occorrono specifici atti legislativi del parlamento e delle regioni. Per questo presentai un’altra interrogazione a risposta scritta al ministro delle pari opportunità affinché si impegnasse a rispettare e a fare applicare le risoluzioni dell’UE del 1997 e del 2008.

Altra nota dolente è quella dell’occupazione femminile e della partecipazione delle donne nei quadri dirigenziali o apicali della società. È bene ricordare che in Italia le donne conseguono voti migliori sia agli esami universitari che alla laurea, eppure meno del 10% di loro diventa professore ordinario. Se approfondiamo la ricerca snocciolando altri dati scopriamo che il 40% delle donne medico non ha figli, contro il 20% degli uomini, mentre il 20% è single contro il 9% dei colleghi. Infine, il 18% delle donne lascia il lavoro dopo la nascita del primo figlio: il 12% lo fa spontaneamente per mancanza di assistenza, asili nido o baby parking, mentre il 6% è licenziato.

Inutile riportare i dati sulla politica e l’incidenza della presenza femminile nei consigli comunali, provinciali, regionali o nello stesso Parlamento. Ci sono volute le odiosissime quanto necessarissime quote rosa per fare un po’ di giustizia. L’Italia è una democrazia giovane: la rimozione delle discriminazioni descritte segnerà il passaggio ad una democrazia compiuta.

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