Età paterna avanzata

Si parla sempre degli effetti dell’ageing femminile sul concepimento, facendo ricadere solo sulla donna le limitazioni della possibilità di diventare genitori dopo una certa età. Si sa, infatti, che i gameti femminili risentono più di quelli maschili degli effetti degli anni che passano. Gli ovociti che vengono liberati mensilmente nel corso dell’ovulazione, infatti, sono quelli che la donna ha ricevuto in dotazione al momento del menarca, circa 400.000 e hanno perciò, nel corso della vita, ricevuto una serie di insulti chimici, fisici e biologici che ne hanno deteriorato nel tempo la qualità. Le radiazioni, alcuni agenti chimici come gli anticrittogamici tossici o alcuni virus possono, infatti, danneggiare il DNA delle cellule uovo con una sorta di meccanismo che può essere paragonato a quello dei danni prodotti da un colpo di fucile a canne mozze: può causare la morte di un individuo, determinarne la cecità o solo intaccare superficialmente l’epidermide. Gli spermatozoi, invece, vengono prodotti dai tubuli seminiferi di ciascun testicolo e la loro parziale maturazione si completa in circa 64 giorni; ne impiegano, poi, altri 12 per raggiungere gli epididimi, dove completano la loro maturazione, acquisendo la motilità che conferisce loro il potere fecondante, e dove restano stivati fino al momento dell’eiaculazione. Quando questa non avviene, gli spermatozoi vengono riassorbiti dai dotti deferenti, per lasciar spazio a quelli giovani, di più recente produzione e quindi più fecondi. Gli spermatozoi, perciò, si rinnovano in massa periodicamente per cui non risentono, come le cellule uovo, degli insulti ambientali.

Gli effetti negativi dell’età materna sulla fertilità sono ampiamente documentati: oltre ad una drastica diminuzione delle probabilità di diventare mamma, col passare degli anni aumenta l’incidenza dell’aborto spontaneo, quella delle malattie genetiche a carico del nascituro ed anche la mortalità prenatale.

Meno si conosce, invece, degli effetti sul concepito dell’età paterna. È noto da tempo che i gameti maschili sono meno vulnerabili di quelli femminili e che risentono meno del processo d’invecchiamento. Se da un lato constatiamo la nascita di bambini normali da uomini over 60, dall’altro alcune pubblicazioni, non ancora confermate da ampi studi meta-analitici, metterebbero in relazione l’età paterna con convulsioni, schizofrenia, autismo, anomalie cardiache, esofagee, tracheali e dell’apparato muscolo-scheletrico.

Con l’aumentare dell’età maschile, inoltre, si riduce significativamente il volume dell’eiaculato, mentre si hanno dati incerti sulla conta e sulla motilità dei nemaspermi. Nulla di concreto si sa, invece, sull’incidenza della frammentazione del DNA spermatico col passare degli anni. La tecnica è troppo recente per capire se influenzi negativamente il tasso di fecondazione ovocitaria, se blocchi lo sviluppo embrionale e se causi addirittura l’aborto.

Infine, l’età paterna avanzata, non influenzerebbe gli embrioni in seconda e terza giornata (dalla fecondazione avvenuta in laboratorio), ma ridurrebbe la percentuale di quelli che diventano blastocisti a causa di alterazioni dell’attività genomica paterna dell’embrione, che inizia proprio dopo il terzo giorno dal concepimento.

Possiamo concludere con dati incoraggianti: i tassi di successo dopo PMA e cioè la percentuale di annidamento embrionario ed il tasso di gravidanza evolutiva, non sarebbero influenzati dall’età paterna.

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