Dai dati dell’Istituto Superiore di Sanità risulta che dal 2005 al 2018 i nuovi cittadini italiani nati grazie alla fecondazione in vitro sono quadruplicati passando dallo 0,66% al 3,2%. In questo arco temporale i trattamenti di PMA hanno subito una profonda evoluzione grazie alla messa a punto di innovative tecniche di congelamento-scongelamento che hanno interessato tanto gli ovociti quanto gli embrioni. Ci riferiamo alle tecniche di vitrificazione che consentono, oggi, la loro sopravvivenza in oltre il 95% dei casi e che fa sì che attualmente, un embrione su due, che vengono trasferiti in utero in Europa, provenga dal freddo.
La preparazione dell’endometrio è necessaria tanto nel transfer di embrioni crioconservati, quanto nelle tecniche di ovodonazione. Per ottenere un adeguato impianto embrionale è necessaria la sincronizzazione tra l’endometrio e lo stato maturativo dell’embrione. Ciò si può ottenere in due maniere: sfruttando il “ciclo naturale” che vede, nelle donne normo-ovulatorie, una fisiologica preparazione dell’endometrio ad opera degli ormoni steroidei prodotti dal follicolo prima e dal corpo luteo poi, oppure ricorrendo al “ciclo artificiale” e cioè somministrando sequenzialmente estrogeni e progesterone. Quest’ultima soluzione è più indicata nelle donne con irregolarità mestruali, in quelle prossime alla menopausa o, comunque, con scompensi endocrini della fase estrogenico-proliferativa o di quella progestativo-secretiva. Esiste poi, una terza via, che potrebbe essere un buon compromesso, poiché in grado di racchiudere i vantaggi di entrambe le metodiche suesposte e consiste nel modificare il ciclo spontaneo con l’aggiunta di gonadotropina coriale al fine di evitare un ciclo anovulatorio che comporterebbe l’annullamento del transfer. Con quest’ultima modalità, sarebbe il corpo luteo della donna a provvedere al mantenimento della fase luteale dopo aver programmato l’ovulazione farmacologicamente. Tra le soluzioni suesposte, non è ancora ben chiaro quale sia quella vincente, cioè che si accompagna ad un outcome gravidico più favorevole(1). È evidente, però, che il ciclo naturale è più indicato nelle donne normo-ovulatorie e risulta più gradito poiché non prevede somministrazione di farmaci, né costi per l’acquisto degli stessi. Sul monitoraggio e sulla preparazione endometriale, attualmente, non c’è univocità di vedute in quanto non esistono in letteratura ampi studi prospettici randomizzati né metanalisi che riferiscano dosi steroidee certe, metodi di somministrazione ideali e durate standard commisurate allo stadio evolutivo dell’embrione. Eppure in Europa vengono attualmente eseguiti più transfer di embrioni scongelati che di embrioni freschi (190.000 vs. 146.000)(2) nonostante non ci sia un protocollo standard che stabilisca un corretto timing dell’ET in relazione al protocollo terapeutico effettuato. Ancora oggi il momento ideale per il trasferimento della blastocisti trova ispirazione dal ciclo naturale, facendo coincidere il giorno dell’ovum pick-up con quello dell’ovulazione. Le condizioni dell’endometrio prima del transfer rappresentano la premessa per l’impianto, per cui è assolutamente necessario individuare il momento ovulatorio o preparare adeguatamente la mucosa uterina attraverso una somministrazione sequenziale di estrogeni e progesterone. I protocolli, infatti, prevedono un monitoraggio biochimico (dosaggio urinario o ematico dell’LH) e biofisico (ecografia dall’11° g/ciclo) nei cicli naturali che non prevedono l’impiego di farmaci e la somministrazione di estrogeni/progesterone nei cicli artificiali che prevedono, tuttavia, una ecografia transvaginale.
Nei cicli naturali si ricerca il picco dell’LH, che generalmente si presenta quando il follicolo dominante ha raggiunto il diametro medio di 17-18 mm. Tuttavia, in alcune donne può ritardare, presentandosi a diametri di 22-23 mm., mentre, in altre ancora, si anticipa a 16mm. Ciò potrebbe condurre a varianti della fase luteale con possibile compromissione dell’impianto embrionale. L’ovulazione si verifica 36 ∼ 40 ore dopo il picco sanguigno dell’LH(3) mentre il picco urinario dell’LH si riscontra ≂ 21 ore dopo quello ematico(4). Per l’individuazione del preciso momento ovulatorio una importante variabile è data dall’incremento del valore dell’estradiolo plasmatico, che varia da donna a donna. Il picco dell’ormone luteinizzante va considerato come il momento dell’acme della curva ascendente e non solo come un incremento significativo della linea basale. Per tale ragione sarebbe meglio eseguire due determinazioni nella stessa giornata e non solo una. Con una sola valutazione ci sarebbe un rischio del 30% di falsi negativi(5). Per superare questa criticità è stato introdotto il ciclo naturale modificato, che prevede l’impiego della gonadotropina corionica umana quando il follicolo dominante raggiunge il diametro di 17 mm. Può essere previsto, in alcuni casi, l’impiego del progesterone dal giorno seguente il picco dell’LH. Il ciclo artificiale prevede la somministrazione sequenziale di estradiolo (E2) per via orale o transdermica, e del progesterone (P4) per via vaginale, sottocutanea o intramuscolare. È indicato nei cicli di ovodonazione nelle pazienti prossime alla menopausa e nelle donne con disordini del ciclo e, quindi, dell’ovulazione. Presenta vantaggi e svantaggi: tra i primi possiamo annoverare la programmazione certa del giorno dell’ET e i rischi minori di mancato impianto per asincronia tra lo sviluppo embrionale e fase dell’endometrio; tra gli svantaggi ricordiamo il costo dei farmaci, non presente nei cicli spontanei, e la possibilità di effetti avversi legati agli estrogeni come nausea, bruciore gastrico o cefalea dopo l’assunzione delle compresse e il maggiore rischio trombo-embolico, specie nei soggetti predisposti. La somministrazione dell’estradiolo consente la proliferazione dell’endometrio e blocca contestualmente lo sviluppo di eventuali follicoli che potrebbero causare delle interferenze endocrine. Ciò si verifica però a dosaggi relativamente alti (6 mg di EV/die). Nei protocolli che mimano il ciclo naturale attraverso somministrazioni progressive di E2 è previsto l’impiego di analoghi del GnRH per eliminare il rischio di ovulazione spontanea o di interferenze endocrine.
La preparazione endometriale con estradiolo prima della somministrazione del P4 può essere di durata variabile e ciò non compromette i meccanismi d’impianto. È sufficiente che l’endometrio abbia raggiunto lo spessore di 8 mm per poter iniziare la somministrazione del progesterone. La risposta farmacologica deve essere monitorata attraverso l’ecografia transvaginale, con la quale si potrà apprezzare l’aumento progressivo dello spessore endometriale e l’ecopattern trilaminare, tipico della fase proliferativa. Studi recenti riportano una percentuale di gravidanze evolutive nel 45% dei transfer di blastocisti euploidi. Ciò significa che gli altri fattori, non embrionali, responsabili dei mancati impianti rappresentino il 55%. L’embrione va trasferito in utero quando l’endometrio è recettivo, e cioè quando è pronto per l’impianto. Tale periodo corrisponde alla finestra d’impianto, un periodo che dura dai 2 ai 4 giorni, in genere dal 19° al 21° giorno di ciclo, in cui tutto deve coincidere, dalle modifiche istologiche a quelle istochimiche. Ogni donna ha la “sua” finestra d’impianto che può discostarsi da quella tradizionale, potendosi anticipare, ritardare o anche restringersi ad un solo giorno. Sui fenomeni che presiedono l’attecchimento embrionale, tuttavia, si conosce ancora troppo poco se si considera che talvolta, e senza troppe complicazioni, l’embrione riesce ad impiantarsi in sedi ectopiche come l’intestino, il fegato, la tuba e l’epiploon. Non è da escludere, infine, che in alcuni casi di sterilità inspiegata, la finestra d’impianto non esista affatto e che l’endometrio possa addirittura bloccare l’annidamento dell’embrione. Il test ERA (Endometrial Receptivity Analysis) studia la recettività endometriale, specie nelle donne con ripetuto mancato impianto, avvalendosi di una tecnologia molecolare microarray che analizza l’espressione di 248 geni associati all’endometrio*. E poiché esiste un’espressione genica favorevole all’impianto, ERA la riconoscerebbe attraverso una semplice biopsia endometriale, con un’elevata specificità e sensibilità utilizzando un algoritmo. Nel caso in cui l’endometrio non sia favorevole nei giorni tradizionali vuol dire che la finestra d’impianto è spostata e va, pertanto, ricercata al fine di eseguire un ET personalizzato (p-ET).
Durante la fase estrogenica l’endometrio presenta uno sviluppo lineare sia delle ghiandole che dei vasi sanguigni. Questa fase proliferativa termina 2-3 gg dopo l’ovulazione, tuttavia, i giorni seguenti prosegue lo sviluppo delle ghiandole e dei vasi che iniziano perciò a raggomitolarsi sotto l’influenza del progesterone. Questi fenomeni si accompagnano alla proliferazione di T-cells, macrofagi e noduli linfoidi(6) che determinano la trasformazione secretiva dell’endometrio che appare agli ultrasuoni come una mucosa inspessita ed iperecogena. L’importanza dello spessore endometriale viene descritto dallo studio di Liu(7) eseguito so circa 40.000 ET e che dimostra maggiori tassi di gravidanza quando nei transfer di embrioni freschi lo spessore della mucosa era uguale o superiore agli 8 mm. mentre negli embrioni scongelati questo valore scendeva a 7 mm. E’ noto che il P4 esercita una progressiva down-regulation dei recettori degli estrogeni e che l’assenza dei recettori estrogenici rappresenta un punto cruciale per l’impianto. In alcune donne infertili i recettori estrogenici sono ancora presenti al momento dell’impianto oppure la loro down-regulation risulta ritardata. Tale fenomeno prende il nome di resistenza al progesterone.
* Per studiare gli RNA questi vengono estratti dalle cellule ed attraverso la trascrittasi inversa sono convertiti in DNA complementare (cDNA).
L’uso dell’ERA test in pazienti con fallimento di impianto ricorrente (RIF) ha dimostrato che la finestra d’impianto è spostata in un quarto di esse e l’uso di un trasferimento di embrioni personalizzato (p-ET) nel giorno adatto migliora le prestazioni riproduttive(8).
I risultati di una ricerca hanno rivelato un fattore endometriale sfavorevole nel 27,5% delle pazienti RIF, che risultava significativamente maggiore del 15% del gruppo non RIF (P = 0,04). Dopo la p-ET, il tasso complessivo di gravidanza evolutiva è stato del 42,4% e il tasso di impianto è stato del 33%. Inoltre, nelle pazienti con endometrio persistentemente sottile £ 6 mm. è stata riscontrata una normale recettività nel 75% dei casi e un tasso di gravidanza del 66,7%. Al di là di questi risultati incoraggianti iniziali uno studio più recente di Cozzolino M et al. ha ridimensionato il valore clinico della metodica, che si è dimostrata inferiore alla PGT-A in termini di successo gravidico(9).
Per concludere, ai fini dell’ottenimento di una gravidanza, due sono i fattori importanti di cui è necessario tenere conto: l’euploidia dell’embrione e la recettività dell’endometrio. Tutti gli studi, benchè prospettici randomizzati, così come le metanalisi e le review esaminate presentano diversi bias di cui il principale è dato dall’eterogeneità dei campioni, dal numero degli embrioni trasferiti, dallo stadio embrionale, dall’età delle pazienti, dalla qualità embrionale espressa solo attraverso una valutazione tradizionalmente osservazionale e non anche cinetica, che valuti cioè attraverso il time-lapse, i tempi in cui si verificano le divisioni dei blastomeri nei singoli embrioni. Rispettare, cioè, i tempi fissi standard di osservazione non equivale ad una generica osservazione in qualsiasi momento della giornata per selezionare gli embrioni più competenti. Gli studi eseguiti su grandi numeri, soprattutto, non tendono conto dell’euploidia degli embrioni, che è la variabile più influente ai fini della valutazione del risultato.
Bibliografia
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- Cozzolino M, Diaz-Gimeno P, Pellicer A, Garrido N. Evaluation of the endometrial receptivity assay and the preimplantation genetic test for aneuploidy in overcoming recurrent implantation failure. J Assist Reprod Genet. 2020 Dec;37(12):2989-2997.