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Terapia Ormonale Sostitutiva (per chi non ha controindicazioni)
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Farmaci alternativi (per chi non può o non vuole assumere ormoni)
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Creme vaginali a base di estrogeni o di testosterone (nelle S. genito-urinarie)
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Stile di vita adeguato con esercizi mattutini costanti e dieta mediterranea
Col termine di terapia ormonale sostitutiva (TOS) si intende un approccio farmacologico finalizzato ad alleviare i fastidiosi sintomi della menopausa, dalle vampate di calore alla secchezza vaginale, dalla stanchezza fisica e mentale all’insonnia, fino alle insidiose forme neuro psichiche, ma anche a prevenire le complicanze osteo-articolari come l’osteoporosi e quelle cardiovascolari.
Questa fase transitoria della vita della donna, caratterizzata da una brusca caduta di alcuni ormoni steroidei come gli estrogeni, il progesterone e il testosterone, può durare dai 5 ai 15 anni e pertanto necessita di cure adeguate.
Non si tratta di assumere quotidianamente potenti ormoni che bloccano l’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio e che potrebbero avere seri effetti collaterali (basti pensare che l’etinilestradiolo, un estrogeno sintetico contenuto nella pillola contraccettiva, è circa 100 volte più potente dell’estradiolo contenuto nei preparati per la menopausa), ma di estrogeni più deboli che non hanno la capacità di inibire la residua produzione ormonale delle ovaie.
E non si tratta neanche di un apporto di ormoni in eccesso, quanto di fornire all’organismo quell’aliquota di steroidi che non è più in grado di produrre e che, attraverso le endorfine cerebrali, scatenano tutti i sintomi vasomotori post-menopausali.
Non si comprende perché una integrazione sostitutiva venga meglio accettata, dalle donne e da alcuni medici, se l’ipofunzione riguarda la tiroide, il pancreas, il surrene o l’ipofisi anziché l’ovaio.
È vero, bisogna ammetterlo, da anni c’è una certa ritrosia da parte di alcuni ginecologi, specie di sesso maschile, che non comprendono o non possono comprendere i disagi della donna; poi c’è lo spauracchio degli “ormoni” o dell’”ormone”, questo gigante cattivo che fa ingrassare e crescere peli, vecchio fantasma ancora radicato nella fantasia di alcune persone; e c’è anche un vecchio studio del 2002, successivamente ridimensionato, che ha causato diffidenza e timore per gli effetti collaterali della terapia sostitutiva.
La TOS va sempre fatta? Ci sono rischi e controindicazioni?
Iniziamo a precisare che essa può essere proposta alle donne che già soffrono dei disturbi della menopausa e quando i sintomi compromettono seriamente le normali attività quotidiane: sudorazioni improvvise con vampate di calore, sbalzi di umore, facile irritabilità, disturbi del sonno, astenia, rapporti sessuali dolorosi (dispareunia) da secchezza vaginale, spesso associata a cistiti ricorrenti (sindrome genito-urinaria), riduzione della libido, palpitazioni, ansia e qualche volta perfino depressione.
La terapia è consigliata alle donne che abbiano meno di sessant’anni e che non siano a rischio oncologico (storia familiare di carcinoma mammario) o trombotico. È, perciò, necessario raccogliere un’accurata anamnesi personale e familiare e sottoporre la candidata alla TOS ad una serie di accertamenti diagnostici prima di darle il via libera.
La terapia ormonale sostitutiva a lungo termine è in grado di prevenire la perdita di massa ossea che si verifica in menopausa riducendo l’incidenza delle fratture vertebrali e femorali. Inoltre, migliora certamente la qualità della vita delle donne che la praticano, facendo riacquisire loro quel benessere generale perso, anche attraverso una ripresa dell’attività sessuale e il recupero significativo del trofismo cutaneo a vantaggio dell’aspetto estetico. Il deficit di estrogeni, infatti, è responsabile, tra l’altro, di quei segni di invecchiamento cutaneo (oltre che mucoso) come le rughe, dovute ad una riduzione dell’attività dei fibroblasti, le cellule di sostegno del tessuto connettivo, che producono il collagene. Quindi, è possibile ottenere una pelle più liscia e luminosa, migliorare l’attività cerebrale, dimenticare la stanchezza, avere maggiore grinta, ridurre il rischio di fratture spontanee ed avere una regolare attività sessuale, con miglioramento dell’umore e del benessere della coppia. Tutto questo per almeno 5 anni!
Quando iniziare la TOS?
La terapia, rigorosamente personalizzata, andrebbe iniziata in un periodo definito “window of opportunity” o finestra d’opportunità e cioè prima dei 60 anni ed entro 10 anni dalla menopausa. Gli ormoni maggiormente usati sono gli estrogeni (estradiolo ed estriolo, quest’ultimo sotto forma di creme vaginali) e il progesterone o i suoi derivati sintetici, detti progestinici.
È necessario chiarire, però, perché è fondamentale somministrare due ormoni anziché uno, visto che i disturbi della menopausa sono ascrivibili al deficit di estrogeni. E qui entra in gioco il discorso del rischio oncologico: numerosi studi, infatti, hanno dimostrato che l’azione dei progestinici è necessaria per contrastare l’iperplasia endometriale determinata dagli estrogeni.
Senza i progestinici, infatti, aumenta il rischio di carcinoma dell’endometrio, la mucosa uterina. La loro somministrazione può essere continuativa oppure ciclica, così come nel ciclo naturale ed avere la stessa durata di 12 – 14 giorni per mese di trattamento. Ciò porterà ad una emorragia da privazione o pseudo-mestruazione. Questo tipo di somministrazione viene definito terapia combinata ciclica, in cui solo l’estrogeno viene somministrato quotidianamente per 21 giorni, mentre si osserva per entrambi una sospensione di circa una settimana. Quella ciclica è un modello di terapia confezionata per le donne che hanno perso il mestruo da circa un anno e che non hanno difficoltà ad avere nuovamente le periodiche perdite ematiche.
La terapia combinata continua, invece, prevede la somministrazione continuativa, cioè senza interruzioni, di estradiolo e progesterone o progestinici a dose costante. In questo caso non vi sarà alcuna emorragia uterina da privazione.
Nelle donne isterectomizzate, ed in particolare in quelle a cui è stato asportato l’intero utero, è sufficiente la terapia con solo l’estradiolo, poiché in mancanza della mucosa uterina (endometrio) non v’è rischio di trasformazione maligna. Secondo lo studio WHI, la esclusiva somministrazione di estrogeni coniugati per 7 – 15 anni non aumenta il rischio di cancro alla mammella, anzi avrebbe un effetto “protettivo” registrando 7 casi in meno ogni 10.000 donne/anno. A chi ha subito un’asportazione parziale dell’utero e cioè del solo corpo, è preferibile invece l’associazione col progesterone vaginale o dei suoi derivati sintetici per via orale.
Inoltre, l’estradiolo associato al progesterone micronizzato o al didrogesterone non determinerebbe un aumento significativo del rischio di contrarre il carcinoma mammario a differenza di quanto avviene coi progestinici sintetici.
Ma quale progestinico impiegare nella TOS? E attraverso quale via di somministrazione?
E qui il discorso diventa ampio, poiché esistono numerosi derivati sintetici del progesterone, che vengono preferiti a quello naturale poiché, a differenza di questo, sono efficaci anche se assunti per via orale*. Alcuni hanno proprietà collaterali androgeniche come il levonorgestrel (derivato del nortestosterone), altri anti-androgeniche (ciproterone acetato) altri ancora presentano una blanda azione diuretica come il drospirenone, un derivato dello spirolattone, che contrasta la ritenzione idrica degli estrogeni. Inoltre, è disponibile in commercio un ormone steroideo sintetico, il tibolone, dalle proprietà estrogeniche, progestiniche ed androgeniche, queste ultime indispensabili per il ritorno dell’appetito sessuale.
Per le donne che non intendono assumere ormoni o che non possono farlo, ma che presentano una spiccata atrofia vulvo-vaginale con una secchezza tale da impedire loro di avere una normale attività sessuale, è disponibile in commercio l’ospemifene, un modulatore selettivo dei recettori estrogenici (SERM), che però non è in grado di inibire le vampate di calore e gli altri sintomi vasomotori della menopausa. Anche il bazedoxifene (BZA) fa parte dei SERM, molecole introdotte per evitare l’effetto proliferativo degli estrogeni sulla ghiandola mammaria. È disponibile in Italia dal 2015 e il suo impiego in associazione agli estrogeni coniugati viene usato per la prevenzione delle fratture in post-menopausa e per attenuare tutti i sintomi ad essa correlati, garantendo un adeguato profilo di sicurezza sull’endometrio e sulla mammella. Il BZA è in grado di ridurre le vampate di calore del 50-100 % nell’arco di 4 settimane migliorando anche il trofismo della mucosa vaginale.
Esiste, infine, dal 2019 una dichiarazione di consenso globale all’uso topico del testosterone per le donne che soffrono di disfunzione del desiderio sessuale ipoattivo (HSDD), con significativi miglioramenti non solo della libido, ma anche della eccitazione, sull’orgasmo e sul piacere sessuale(1). Attualmente non esistono in commercio preparati a base di androgeni per uso femminile per cui è necessario ricorrere all’utilizzo off-label di prodotti galenici. La terapia locale con l’androgeno apporta solo benefici alla donna che ne necessita realmente ed è praticamente esente da effetti collaterali se vengono controllati periodicamente i livelli del testosterone circolante; la terapia sistemica, invece, è controindicata in quanto potrebbe favorire l’insorgenza di acne, ipertricosi ed ipercolesterolemia.
Come si può comprendere, quindi, la TOS va confezionata su misura per ciascuna donna, così come un vestito dalla sarta: per chi tende ad ingrassare è preferibile un determinato tipo di progestinico, per chi ha problemi di acne e caduta di capelli, un altro e per chi lamenta una significativa riduzione della libido un altro ancora. Non è possibile, perciò, assumere il preparato che il ginecologo ha “dato alla propria amica perché lei si è trovata bene”.
TOS: rapporto rischi/benefici
Circa i rischi di insorgenza di malattie cardiovascolari e del cancro alla mammella bisogna ricordare che il ricorso alla TOS è crollato dopo il 2002, a seguito di uno studio del WHI (Women’s Healt Initiative) molto discusso e criticato successivamente(2)(3), in quanto non aveva tenuto conto di quando era stata iniziata la terapia.
Oggi è ben noto che il momento in cui ha inizio la terapia ormonale sostitutiva è cruciale nel determinare il rapporto rischi/benefici e si comprende, finalmente, che chi vi fa ricorso evita successivi trattamenti terapeutici multipli per problemi distinti di salute.
La menopausa precoce, quella che insorge prima dei 40 anni e l’ipoestrinismo o riduzione degli estrogeni circolanti che ne consegue riducono la qualità (aumento dell’incidenza di demenza e M. di Halzheimer) e le aspettative di vita delle donne attraverso i loro effetti sullo scheletro e sull’apparato cardiocircolatorio.
Circa il rischio di insorgenza del carcinoma mammario, questo è oggettivamente difficile da valutare in quanto dipende da svariati fattori come i farmaci utilizzati, l’età del primo impiego, la durata del trattamento, il tempo trascorso dall’ultimo utilizzo.
Secondo una meta-analisi del Lancet del 2019 la TOS innalza (di poco) il rischio di contrarre il cancro alla mammella, e ciò è in funzione della durata della terapia(4). Tale rischio è estremamente trascurabile per chi pratica la TOS per meno di un anno e si annulla quando gli estrogeni vengono somministrati per via vaginale grazie ad una azione locale ed uno scarso assorbimento nel sangue.
Le raccomandazioni della SIM (Società Italiana Menopausa) riportano un rischio di insorgenza del carcinoma mammario attribuibile alla TOS – con prodotti EP – piuttosto basso e quantificabile in 8 casi in più ogni 10.000 donne/anno. Di contro, la terapia ormonale sostitutiva ha un effetto protettivo sul cancro colo-rettale, di cui ridurrebbe l’incidenza(5).
Il rischio tromboembolico in corso di post-menopausa nelle donne che effettuano terapia ormonale sostitutiva è trascurabile o addirittura assente se viene utilizzata la via transdermica associata a quella orale.
L’associazione di estrogeni combinati (EC) + BZA sembra altrettanto avere un basso rischio tromboembolico. In ogni caso non è indicato uno screening per la trombofilia genetica prima della TOS, mentre è necessaria un’accurata anamnesi personale e familiare.
Secondo le indicazioni della SIM la TOS non andrebbe effettuata nelle donne asintomatiche nonostante i benefici sul metabolismo delle ossa e sul rischio cardiovascolare, ma solo in presenza di sintomi vasomotori e di secchezza vaginale (Sindrome genito-urinaria).
I rischi della terapia, inoltre, non possono essere assoluti ed univoci, variando da donna a donna, in base al momento d’inizio, alla sua durata, alla dose e ai farmaci impiegati. In particolare, poiché la terapia è basata su associazioni estro-progestiniche o su molecole dall’azione estro-progestinica-androgenica, o ancora su SERM (molecole non steroidee in grado di legarsi selettivamente ai recettori estrogenici) si può comprendere che non è possibile calcolare un rischio univoco per tutta la categoria di farmaci.
Circa il range di fruibilità, la Società Italiana Menopoausa ribadisce l’impiego nelle donne sintomatiche che abbiano meno di 60 anni ed entro i 10 anni dalla scomparsa delle mestruazioni, dopo aver escluso una serie di controindicazioni. Secondo studi clinici osservazionali la terapia transdermica con cerotti o gel a base di estrogeni non determinerebbe nessun incremento delle tromboembolie venose o ictus nelle donne non predisposte. Le raccomandazioni della SIM indicano che la maggioranza delle donne in post menopausa può utilizzare la TOS e che a quelle poche che non possono effettuarla devono essere consigliate terapie alternative. Sulla durata del trattamento non stabilisce alcun limite tassativo che sarebbe, perciò, in funzione delle condizioni individuali. Le donne con menopausa precoce che insorge prima dei 40 anni o prematura, prima dei 45, sia spontanea che iatrogena sono a rischio elevato di osteoporosi, malattie cardiovascolari e demenza. A queste donne è possibile somministrare contraccettivi orali fino all’età di 50 anni. La presenza di malattie concomitanti come la fibromatosi uterina, l’endometriosi, il diabete mellito, l’ipercolesterolemia, il fumo, l’ipertensione e l’obesità non rappresentano delle controindicazioni assolute alla TOS ma solo una indicazione ad un utilizzo di bassi dosaggi o alla terapia transdermica. Numerosi studi riferiscono una riduzione del rischio di malattia coronarica, della mortalità cardiaca e di quella complessiva nelle donne sane (senza malattie cardiovascolari pregresse) che effettuano la TOS nella “window of opportunity”. La terapia con soli estrogeni, raccomandata nei soli soggetti isterectomizzati, avrebbe un effetto più favorevole rispetto ai preparati estroprogestinici.
Per concludere, se iniziata correttamente entro 10 anni dalla menopausa la TOS migliora la qualità della vita delle donne, riduce la mortalità per tutte le cause, l’insorgenza di osteoporosi, la demenza senile e il cancro del colon-retto (riduzione di 6 casi ogni 10.000 donne/anno). Non esistono dati certi sulla sicurezza di preparati a base di fitoestrogeni in donne con pregresso cancro mammario.
Compito del ginecologo è trovare un giusto equilibrio tra le esigenze della donna di preservare la qualità della vita ed il rischio oncologico che va valutato caso per caso.
Vademecum della Terapia Ormonale Sostitutiva
1 | È indicata nelle donne sintomatiche |
2 | È necessaria un’accurata anamnesi personale e familiare e richiede indagini preliminari per i criteri di ammissione |
3 | Necessita di protocolli specifici e dosi personalizzate |
4 | Riduce i sintomi vasomotori e genito-urinari |
5 | Previene l’osteoporosi e le fratture ad essa correlate |
6 | Va effettuata a meno di 60 aa di età o entro i 10 aa dalla menopausa |
7 | Oltre all’estrogeno va associato un progestinico, tranne nelle donne isterectomizzate |
8 | Via transdermica nelle donne ipertese, obese, ipercolesterolemiche |
9 | Non esiste un dosaggio ideale e la dose va ridotta con l’età |
10 | Non esiste una durata standard ma un rapporto rischio/benefici |
Controindicazioni alla Terapia Ormonale Sostitutiva
1 | Carcinoma mammario |
2 | Carcinoma endometriale |
3 | Iperplasia endometriale non curata |
4 | Sanguinamento uterino anomalo |
5 | Malattie cardiovascolari (ictus; infarto; TVP; embolia polmonare) |
6 | Porfiria cutanea tarda |
7 | Otosclerosi |
8 | Malattie acute e croniche del fegato |
9 | Allergia o ipersensibilità al principio attivo o agli eccipienti |
10 | Assenza di consenso della donna informata |
* Esistono varie classificazioni che tengono conto dell’epoca della loro commercializzazione – progestinici di 1a generazione (Nortestosterone); 2a generazione (Norgestrel; Levonorgestrel); 3a generazione (Desogestrel; Gestodene; Norgestimate); 4a generazione (Drospirenone; Dienogest) oppure a seconda della loro struttura chimica: derivati del Progesterone (Didrogesterone); derivati del 19-Nortestosterrone (Noretisterone Acetato; Levonorgestrel); derivati del 17-Idrossiprogesterone (MAP; Ciproterone Ac; Medrogestone); derivati del 19-Norprogesterone (Nomegestrolo Ac).
Referenze
- Davis SR, et al. Global Consensus Position Statement on the Use of Testosterone Therapy for Women. J Clin Endocrinol Metab. 2019 Oct 1; 104(10):4660-4666. doi: 10.1210/jc.2019-01603.
- Russouw JE et al. Risks and benefits of estrogen plus progestin in healthy postmenopausal women: principal results From the Women’s Health Initiative randomized controlled trial. JAMA.2002 Jul 17;288(3):321-33.
- Clark JH. A critique of Women’s Health Initiative Studies (2002-2006). Nucl Recept Signal. 2006;4:e023. Published online 2006 Oct 30.
- Collaborative Group on Hormonal Factors in Breast Cancer. Type and timing of menopausal hormone therapy and breast cancer risk: individual participant meta-analysis of the worldwide epidemiological evidence. Lancet. 2019 Sept 28; 394(10204):1159-1168.
- Cagnacci A, Gambacciani M, et al. Raccomandazioni sulla terapia ormonale sostitutiva in menopausa. Minerva Ginecologica. 2020. DOI: 10.23736/S0026-4784.19.04500-3.