L’HPV o virus del papilloma umano è un virus a DNA ben noto in quanto agente responsabile delle verruche, ma anche e soprattutto del cancro della cervice uterina, che rappresenta per frequenza la seconda patologia oncologica femminile dopo quella della mammella. Si presenta sotto forma di oltre 150 ceppi, che possono essere classificati in base al rischio oncologico, in virus ad alto rischio e a basso rischio. I più pericolosi sono rappresentati dagli HPV 16 e 18, ma anche altri genotipi risultano fortemente associati al cancro del collo uterino. Il virus presenta un particolare tropismo per le mucose ben ossigenate, come quella oro-faringea, dell’apparato respiratorio, l’epitelio anale e genitale, e in particolare quello della cervice uterina, dove è responsabile del 100% dei cancri. Questi insorgono dopo diversi anni, prevalentemente nei soggetti immunodepressi, nelle fumatrici/fumatori e in chi presenta una infezione associata da Chlamydia o da herpes genitale. Inizialmente il virus induce delle trasformazioni cellulari precancerose o displasie – individuabili attraverso il pap test – che, se non trattate, sfociano nel cancro.
Come si contrae l’HPV?
Il contagio avviene prevalentemente, ma non necessariamente, in seguito a un rapporto sessuale non protetto, per cui il rischio aumenta nei soggetti con più partner. Non è necessario un rapporto completo e il virus può essere trasmesso anche attraverso il cunnilingus, la fellatio e i giocattoli erotici.
Studi epidemiologici hanno accertato che l’infezione da HPV rappresenta la malattia sessualmente trasmissibile più diffusa, che colpisce oltre il 70 % della popolazione, estinguendosi, il più delle volte, spontaneamente grazie alle difese immunitarie. Si calcola che in Italia, ogni anno, si ammalino circa 3000 donne, ma non è ancora ben chiaro quanti uomini contraggano tumori maligni connessi alla medesima infezione.
Come si effettua la diagnosi di HPV?
Attraverso un semplice test eseguito con un tamponcino simile a un cotton fioc che viene strofinato sulla mucosa sospetta è possibile ricercare il DNA virale, porre la diagnosi d’infezione e identificare il tipo di virus.
Il pap-test, rappresenta lo screening di massa che ad 80 anni dalla sua scoperta, ha salvato milioni di donne in tutto il mondo. Ricerca le modificazioni cellulari iniziali (displasia cervicale) prodotte dal virus e viene eseguito attraverso un brushing cervicale, ossia roteando un piccolo spazzolino sulla cervice, intorno all’orificio uterino esterno e fissando le cellule asportate su un vetrino, o ancora meglio, in un liquido specifico.
La colposcopia, rappresenta un formidabile strumento diagnostico degli effetti del papillomavirus sul collo uterino. Attraverso uno strumento, il colposcopio è possibile osservare a diversi ingrandimenti la mucosa della cervice, dopo averla detersa e delicatamente tamponata con dei reagenti chimici (acido acetico e soluzione iodata di Lugol) allo scopo di esaltare visivamente le aree sospette che possono essere bioptizzate e inviate al laboratorio isto-patologico.
Ma è bene ricordare che, talvolta, è possibile anche una diagnosi fai-da-te dell’infezione da papilloma, poiché alcuni tipi di HPV inducono la formazione di condilomi, piccole escrescenze cutaneo-mucose simili a microscopiche creste di gallo o a forma di cavolfiore che generalmente appaiono sulla mucosa vulvare, su quella perianale e nel solco balano-prepuziale nell’uomo.
Tuttavia, il pap test non è efficace al 100% nel porre la diagnosi, in quanto soggetta ad alcune variabili, come l’adeguatezza del prelievo e il tempo dall’avvenuto contagio. Infatti, un contatto molto recente, potrebbe non aver ancora cagionato quelle modificazioni displastiche epiteliali che sono evidenziabili col pap-test.
Fortunatamente, solo una esigua minoranza delle donne contagiate svilupperà, dopo 10 – 15 anni, un cancro del collo dell’utero, per cui sottoponendosi a screening periodici è possibile prevenire questo tipo di tumore.
L’infezione da HPV nell’uomo
L’infezione da papilloma, al di là delle opinioni correnti, è responsabile di diverse condizioni patologiche anche nell’uomo, in cui può generare tumori della regione del cavo orale, della testa, del collo e del pene, determinando, tra l’altro una significativa riduzione della motilità spermatica, e quindi, sterilità. Pertanto, la ricerca dell’HPV-DNA dovrebbe essere estesa anche all’uomo, e in caso di positività nei soggetti desiderosi di prole, procedere al test di frammentazione del DNA spermatico, che risulta abnormemente elevato nel caso di infezione. Ciò potrebbe spiegare alcuni casi di poliabortività, che rappresenta un’altra conseguenza dell’infezione.
La possibilità di debellare in futuro questa malattia e tutte le sue conseguenze dipende solo da una cosa: la vaccinazione di massa, tanto per le donne quanto per gli uomini.