Per i non addetti ai lavori è opportuno chiarire che la medicina di genere (MDG) non è la medicina delle donne o per le donne, ma è quel settore della scienza medica che studia le differenze tra i due sessi, nella fisiologia e nella patologia e soprattutto le differenti azioni che hanno i farmaci su due organismi profondamente diversi tra loro e non solo sessualmente.

Di conseguenza la MDG conviene a tutti, anche agli uomini, poiché tiene conto del differente metabolismo dei farmaci, delle loro risposte individuali e dei diversi effetti collaterali, consentendo una maggiore appropriatezza della terapia.

Nel nostro Paese le donne vivono più a lungo degli uomini (84 anni Vs 78,3), ma spesso vivono peggio; si recano dal medico molto più degli uomini (il 58% delle visite ambulatoriali è per una donna). Secondo il Ministero della Salute il 6% delle donne soffre di disabilità (motoria, sensoriale, psichica) contro il 3% degli uomini.

Inoltre le malattie autoimmuni (ad es. tiroiditi, artrite reumatoide, lupus eritematoso ecc.) sono più frequenti nelle donne, e ciò dimostra che ci sono differenze tra il sistema immunitario maschile e quello femminile. Le malattie che affliggono maggiormente le donne sono l’osteoporosi (+700%), le malattie tiroidee (+500%), la depressione ed ansietà, ed ancora cefalea, emicrania, Alzheimer, cataratta, artrosi ed artrite, diabete, allergie e alcune malattie cardiache. In sintesi, le donne sono maggiormente affette da tutte le malattie croniche – in particolare da quelle osteoarticolari – dalle patologie neurodegenerative e da alcune malattie cardiocircolatorie, come l’ipertensione arteriosa e le vene varicose.

Oggi, attraverso la MDG è possibile approfondire le diversità tra i due sessi e garantire ad entrambi il miglior trattamento possibile.
Finora la sperimentazione in campo farmacologico è avvenuta in tutti gli studi considerando come fruitori i soli maschi, poiché fisiologicamente più stabili e non soggetti alle influenze ormonali che caratterizzano il ciclo ovarico. Eppure, paradossalmente, il consumo dei farmaci da parte delle donne è percentualmente più elevato rispetto a quello degli uomini. La prima sperimentazione farmacologica riservata alle donne risale al 2002 (Columbia University di New York).

Successivamente si apprese che gli ormoni femminili possono interferire con l’efficacia di alcuni farmaci, come gli antibiotici, gli antistaminici, gli oppiacei, gli antipsicotici e che, pertanto, gli effetti farmacologici ne potranno risultare amplificati o ridotti. In sostanza, molto spesso vengono prescritti farmaci di cui si conosce perfettamente il meccanismo d’azione sull’uomo, ma non sulla donna, rischiando di non curare o di farlo in maniera sbagliata.

L’esempio che più ha fatto discutere in questi ultimi anni è quello dell’aspirina. Secondo una mega ricerca dell’University of British Columbia che ha preso in esame 23 trials compiuti su oltre 100.000 pazienti, l’aspirina avrebbe un effetto protettivo sull’infarto del miocardio o sull’ictus negli uomini, ma tale effetto è fortemente ridotto nelle donne.

Per le ragioni suesposte quando occupavo lo scranno parlamentare  presentai una mozione (C.1/00974) per impegnare il Governo a potenziare la ricerca medico-scientifica nell’ambito della medicina di genere; a inserire la MDG nei programmi dei corsi di laurea e nelle scuole di specializzazione ed a promuovere la realizzazione di master dedicati.

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