Le trombofilie sono caratterizzate da una predisposizione genetica alla trombosi e possono essere congenite o acquisite.
Tra le prime ricordiamo la mutazione del fattore V (Leiden), una proteina prodotta dal fegato che ha una azione pro-coagulante, che, se mutata, diviene inattaccabile dalla proteina C anticoagulante, con conseguente innalzamento della capacità coagulativa. La mutazione di Leiden è una mutazione puntiforme in cui nel DNA del cromosoma 1 la glutammina prende il posto dell’arginina. Questi soggetti possono ereditare la condizione da un solo genitore (eterozigoti) o da entrambi (omozigote) e trasmettono la mutazione in un caso su due. Gli omozigoti hanno un rischio trombotico da 50 a 100 volte superiore rispetto ai soggetti normali, contro un aumento di 5 – 10 volte dei soggetti eterozigoti.
Tra le altre mutazioni che alterano il nostro sistema emocoagulativo, ricordiamo quelle della Protrombina (Fattore ll), ma anche il deficit della Proteina C, della Proteina S e dell’Antitrombina III. Tutte si accompagnano ad una spiccata tendenza a formare trombi.
La metil-tetraidrofolato-reduttasi (MTHFR) è un enzima coinvolto nella trasformazione del 5-10 metilentetraidrofolato in 5 metiltetraidrofolato, che serve come fornitore di gruppi metile per la rimetilazione dell’omocisteina a metionina, attraverso un cofattore, la Vit. B12. Una mutazione dell’MTHFR può impedire o limitare tale reazione, con conseguente iperomocisteinemia, omocistinuria, bassi livelli plasmatici di acido folico e complicanze trombo-emboliche. La condizione si trasmette con modalità autosomica recessiva, cioè, per esprimersi necessita della presenza di entrambi gli alleli del gene mutati (condizione omozigote). In questi casi il deficit dell’enzima può arrivare al 70%. Quando la mutazione è presente su un solo allelo, il soggetto non manifesta la malattia ed è considerato un portatore sano (condizione eterozigote). Le mutazioni del MTHFR attualmente note sono alcune decine, ma quelle più comuni sono rappresentate dalle mutazioni C677T e A1298C. Nella prima, è presente una sostituzione della citosina in timina in posizione 677, con conseguente alterazione della sequenza aminoacidica dell’enzima. Gli omozigoti mutati presentano un rischio trombo-embolico elevato e nelle gestanti il deficit di acido folico costituisce un fattore predisponente i difetti del tubo neurale. La variante A1298C vede la sostituzione di un’adenina con una citosina in posizione 1298. Quest’ultima condizione è legata a dolore cronico, fibromialgia, colon irritabile ed instabilità emotiva.
Tra le trombofilie acquisite ricordiamo la sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS), una condizione, anch’essa predisponente la formazione di trombi, sia arteriosi che venosi, in tutti i distretti dell’organismo. Quando è interessato il distretto placentare, la APS causa l’aborto. La sindrome è caratterizzata dalla produzione di auto-anticorpi che agiscono contro alcuni tipi di proteine e fosfolipidi, che risultano alterate nella loro funzionalità. Inoltre, può associarsi a diverse condizioni morbose che vanno, nel 50% dei casi, dal Lupus Eritematoso Sistemico (LES), all’artrite reumatoide, a tumori maligni, infezioni virali, alla S. di Behcet. Nella sindrome da anticorpi antifosfolipidi sono presenti tre tipi di anticorpi: LAC o Lupus Anticoagulant, gli anticorpi anticardiolipina e quelli anti beta-2-glicoproteina. Quando il titolo anticorpale ematico è elevato, anche il rischio trombo-embolico lo è. In gravidanza, la conseguenza più frequente è l’aborto, che diventa, perciò, ricorrente nei casi di mancata diagnosi. Altre condizioni frequenti sono rappresentate dal parto pre-termine, dall’eclampsia, dal ritardo di crescita intrauterina del feto (da insufficienza placentare) o IUGR.